La prima sezione della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 29488 del 7 maggio 2019, depositata in data 5 luglio 2019 ha affermato che sia in contrasto con i principi costituzionali di cui agli art, 2,3, 27 terzo comma, 32 e 117 primo comma, della Costituzione l’assenza di ogni alternativa al carcere, che impedisce al giudice di disporre che la pena sia eseguita fuori dagli istituti di detenzione, anche qualora, a seguito di tutti i necessari accertamenti medici, sia stata riscontrata una malattia mentale che provochi una sofferenza talmente grave che, cumulata con l’ordinaria afflittività del carcere, dia luogo ad un supplemento di pena contrario al senso di umanità. Ha precisato quindi che alla valutazione di applicabilità della detenzione domiciliare in deroga non può ritenersi di ostacolo nè l’entità del residuo pena, nè il titolo del reato in esecuzione e tanto meno l’eventuale sottoposizone del ricorrente al regime differenziato di cui all’art. 41 bis c.p.